Ambiente

Inquinamento mari, notizia di cronaca o realtà?

Sono milioni le notizie che appaiono tutti in giorni in rete.

La male informazione è ormai il cancro della divulgazione di notizie fatta tramite social e mondo informatico. C’è chi crede che ormai il disastro ambientale è irreversibile e chi invece ha speranza appoggiando le ormai centinaia di associazioni che operano per l’ambiente facendo cose spesso poco chiare a tutti. Dobbiamo stare dietro a tutte le battaglie di informazioni che rilasciano ogni giorno le associazioni e le testate giornalistiche o dobbiamo noi stessi cercare informazioni scientifiche attendibili? La cosa che sicuramente si deve fare è sfatare il troppo spesso ricorrente pensiero “ma tanto se lo faccio solo io…”e insegnare soprattutto ai bambini e alle nuove generazioni il rispetto per il posto in cui viviamo e per gli altri.

Solo la cultura e l’informazione può sconfiggere la nube di notizie false e atteggiamenti incivili che siamo soggetti a vedere per strada e in televisione. Che l’inquinamento marino sia tanto o stia migliorando, la prevenzione è comunque da fare, quindi non ha senso discutere della notizia più sconvolgente che abbiamo sentito ma piuttosto è utile scambiarci consigli su come alleggerire l’impatto dell’uomo sulla terra. Nella storia il mare mediterraneo è stato il centro dell’impero romano, su di esso si basavano le conquiste, i fiorenti commerci che lo hanno arricchito e gli scambi culturali che ne hanno incrementato le ricchezze culturali. Il Mediterraneo però è un mare relativamente piccolo; ha una superficie di 2 milioni e mezzo di chilometri quadrati, e misura 4.000 chilometri dalle coste del Vicino Oriente fino allo Stretto di Gibilterra. E’ anche un mare «chiuso»: il ricambio completo dell’acqua avviene all’incirca in 90 anni. Ed è un mare invaso di spazzatura, sostiene Greenpeace, presso le coste spagnole si contano 33 pezzi di spazzatura galleggianti per metro quadro, di cui tre quarti sono pezzi di plastica: dai frammenti ai sacchetti e le bottiglie. In mare aperto la densità di spazzatura galleggiante si abbassa: può arrivare però fino a 35 pezzi per chilometro quadrato. Ma il peggio sta sul fondo: in media nei fondali mediterranei si contano 1.935 «pezzi» per chilometro quadrato, che è la densità più alta di tutti i fondali oceanici del pianeta. C’è poi l’inquinamento fluido, o liquido: secondo uno studio di Oceana (citato da El País), nel Mediterraneo navigano fino a 10 grammi di idrocarburi per litro. Un terzo della navigazione mercantile mondiale lo attraversa, 12 mila navi petroliere passano dal mediterraneo tutti gli anni.

Inoltre Nel bacino mediterranea sboccano 69 fiumi, che portano ogni anno 283 chilometri cubi d’acqua: questi fiumi, e i sistemi di drenaggio pluviale, sono la fonte più diretta di contaminazione marina perché vi trasportano ogni sorta di reflui (solidi e liquidi) dalle zone urbane e industriali dell’interno. Spagna, Italia e Francia insieme generano il 60% dell’inquinamento che affluisce al Mediterraneo.

L’inquinamento di routine, afferma Oceana, è assai più pericoloso di quello provocato dalle grandi catastrofi (come gli incidenti che provocano grandi dispersioni di petrolio o carburante). I ricercatori di Oceana sottolineano che ogni anno 400mila tonnellate di idrocarburi sono scaricate in mare, illegalmente e in via del tutto irregolare. Un incidente con sversamento e «marea nera» attrae attenzione e sarà tamponato con misure d’emergenza; non così il «normale» inquinamento.

Si pensi che il 20% delle tartarughe marine nel Mediterraneo centrale, una specie molto studiata, mostra contaminazione da idrocarburi. Preoccupante anche la contaminazione da mercurio di molte specie di pesce che finiscono sulle tavole degli umani.

Oggi appena l’1% del Mediterraneo è realmente protetto anche se ogni dollaro investito nella tutela marina triplica il suo valore a vantaggio dell’occupazione, della protezione costiera e della pesca. E uno studio del Wwf (MedTrends) su 10 settori economici marittimi mostra come le tendenze al 2030 rischino di peggiorare la situazione: il 20% del Mediterraneo dato in concessione all’industria petrolifera e del gas; un tasso di trasporto marittimo che cresce ogni anno del 4%; altri 5 mila chilometri di coste cementificati entro il 2025.

L’unico settore critico che mostra una tendenza al calo, la pesca professionale, segnala in realtà un altro campanello d’allarme: il lavoro dei pescatori diminuisce perché il 93% degli stock ittici esaminati è eccessivamente sfruttato. Problema che porta gli squali ad avvicinarsi alle coste. Non si era mai parlatodi allarme squali, ma in realtà Nel Mar Mediterraneo attualmente si contano 45 specie di squali: per lo più si tratta di squali manzo, squali pescecane, squali angelo, squali maccarello e squali requiem. Potenzialmente gli squali presenti nella regione del Mediterraneo sono pericolosi per l’uomo, ma di fatto stando alle statistiche, gli attacchi di squalo sono estremamente rari. Lo squalo bianco risulta essere la specie più pericolosa per l’uomo, infatti compare nelle statistiche di attacco con una certa regolarità, tuttavia l’ultimo incidente confermato nel Mediterraneo è avvenuto nel lontano 1993 al largo di Valencia, in Spagna. La densità di popolazione di squali bianchi nel Mediterraneo è molto bassa e sono davvero poche le località in cui sono presenti con una certa regolarità: una di queste aree è il Canale di Sicilia perché probabilmente gli squali seguono gli spostamenti del tonno pinna blu.

Cosa fare non è impossibile, gli accorgimenti sono semplici e giornalieri. Usare detersivi ecologici, usare meno tensioattivi di origine chimica, comprare solo pesce certificato e non derivante da pesche intensive. E alle lamentele delle persone che ancora credono che nel 21esimo secolo permettersi del pesce sostenibile è cosa da ricchi, risponderei prima di tutto invitandole a guardare meglio tra gli scaffali dei supermercati e secondo comprando meno soprammobili di plastica che finiranno nei mari e investire i soldi utilizzando il cervello e le informazioni disponibili in rete.

Matilde Vettorato 

Informazioni prese da:

-la repubblica

-il corriere

-the huff post

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